La giornata è stata veramente stancante, a dire il vero è tutta la settimana che va così ma per dovere di completezza anche la scorsa non ha “deluso”.
Sono stati 15 giorni di prova ininterrotti, mattina,
pomeriggio, non meno di due ore per volta, con qualche picco di quattro. Una
maratona di danza non solo per chi ballava ma anche per noi genitori che ci siamo buttati alla ricerca dell'accessorio perfetto, dei calzini del giusto colore, delle retine per capelli e forcine a volontà. Li
abbiamo portati e ripresi non so quante volte, a tutti gli orari possibili e
carichi come muli, tra sacche e vestiti. Imbottigliati nel traffico e accalcati
nei parcheggi.
Il saggio finale è roba seria, è il riassunto di un anno di lavoro ed è la soddisfazione massima per chi balla.
Il saggio non è per “noi” è soprattutto per loro, perché fare un saggio non significa solo ballare il tuo pezzo, vuol dire anche guardare quello degli altri, tifare perché tutto fili liscio e non manchi nessuno.Il saggio non è solo sul palco è anche dietro le quinte,
soprattutto dietro le quinte.
È le corse per cambiarsi d’abito tra un balletto e l’altro,
è l’atmosfera dei camerini, è il caos su e giù per le scale perché “ora tocca a
te”.
È la pettinatura fatta ad arte, il trucco di scena, la sete
e le punte dei piedi che fanno male.
E poi il saggio non dura una sera, dura un anno intero, ore
e ore passate a provare e riprovare, a sbagliare le mosse, i tempi, a sbuffare
oppure a sorridere perché “dai, oggi è andata meglio”.
E poi arriva quel giorno, quel giorno lì e non importa se ballerai per 5 minuti o un’ora intera, per te non sarà mai abbastanza e durerà sempre un battito di ciglia.
Si spegneranno le luci, si aprirà il sipario, guarderai la
platea gremita di fronte a te, lascerai che l’ansia ti abbandoni e tu, sia che ti chiamerai Asia, Sofia, Emma, Sara, Giorgio, Martina, Daniele, Speranza o Teresa, con il
tuo sorriso migliore, entrerai in scena e tra gli applausi e qualche lacrima, quel saggio sarà anche un pò mio.
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