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Dopo il post, di Mamma di fretta,
mi sono letta la legge sull’adozione internazionale, per saperne di più e per capire meglio.
Non tutto è facile e alla portata ma ho fissato dei punti chiari e precisi.
I requisiti per adottare sono:
I requisiti per adottare sono:
· essere marito e moglie, avere un età non troppo “avanzata”, essere idonei ad educare, istruire e mantenere il minore.
Tre aspetti, semplici, chiari,
forse da rivedere un po’,ma tutto sommato accettabili, (ok toglierli da un
orfanotrofio ad ogni costo ma la realtà che gli offriamo dovrà pur essere
meritevole!!!).
La legge però non si ferma a
questo e prosegue dettando la “procedura” da seguire. E qui chi più ne ha più
ne metta, c’è di tutto. Si parte con la domanda/labirinto da presentare al Tar
, poi si passa attraverso all’indagine
dei Servizi sociali per avere l’idoneità, (quante sedute di psicoterapia
servano, non è dato sapere), si arriva all’INIZIO della ricerca presso un Ente
Autorizzato e poi da qui, mi arrendo, non si capisce più niente, tranne una
cosa (che appare chiara anche se non specificata dalla legge): i tempi non sono
DETERMINABILI.
Non è determinabile il tempo che ci mettono i Servizi Sociali a
dichiarare l’idoneità, non è determinabile il tempo che serve per contattare
l’Ente autorizzato, ne il tempo che sarà necessario per l’incontro/i in vista
dell’adozione. Non è determinabile quanto tempo ci vorrà per tornare in Italia
e ne quando, questa benedetta procedura,avrà finalmente fine.
L’unica cosa che mi è chiara, in
tutto questo caos, è che si tratta di un sistema impazzito, dove chi governa non è la ragione ma solo un’ inutile burocrazia condita
da qualche bella cavolata.
La legge si è
dimenticata che non è solo il DNA a “farci genitori e a fare di loro dei
figli”, ma è l’amore che si prova,il desiderio di averli voluti, la gioia di
vederli crescere e mille altre emozioni ancora.
Il Manifesto dell’ AIBI vuole
cambiare la cultura sulle adozioni internazionali, perché cambiare la legge,
significa cambiare il futuro di milioni di bambini. Dar loro la gioia di avere
una famiglia, una casa, una vita da vivere è un atto dovuto. Se siamo in tanti
a “parlare” forse, finalmente, qualcuno ascolterà.
da rimanervi allibiti, davvero.
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